Marco is a social activist in Empoli. He is actively involved with INTIFADA social centre. He has written this piece about my visit to the social centre recently in Februry, 2010. I have already posted Angela's note on 2nd April.
Vale la pena spendere due parole su questi fenomeni di “mercato” in quanto questi stanno determinando brutalmente la crisi delle economie e delle popolazioni rurali su scala mondiale.
Questo meccanismo fa si che prezzi alla produzione tendano ad abbassarsi sui valori più bassi a livello mondiale, alla ricerca di un “prezzo unico mondiale ”, livellato sul minimo, cosa che pone fuori mercato gli agricoltori degli stati più ricchi, che non percepiscono più un reddito sufficiente a coprire i costi e slittano verso la dismissione della attività.
Nell'ambito dei paesi ricchi si crea quindi uno spazio di mercato di prodotti di prima necessità (grano, per esempio, che prima era soddisfatto dalle produzioni locali, anzi superato, in quanto eccedentarie) e che ora viene e ad essere occupato da prodotti di importazione a costi bassissimi (lo stesso meccanismo che vediamo nel settore tessile, ad esempio), il che alimenta ancora la crisi dei sistemi agricoli locali.
La progressiva uscita della produzione degli agricoltori “occidentali”, insieme con il loro cronico invecchiamento (degli occupati in agricoltura) e il mancato ricambio generazionale, permette alle grandi imprese transnazionali speculatrici di: 1) accaparrarsi le migliori terre e realtà produttive in dismissione e vendita nei paesi ricchi, essendo queste imprese le sole a poter disporre di soldi per investire 2) organizzare a bassissimo costo produzioni di prodotti alimentari di tradizionale consumo “occidentale”, da vendere ai consueti prezzi di mercato in Occidente, produzioni realizzate però nelle campagne espropriate dei paesi poveri (India , Africa, Cile, Argentina, Cina)o dei paesi ad agricoltura estensiva (Canada, Argentina) , dove in maniera diversificata ma sotto una unica regia procede da tempo l'acquisizione più o meno forzata delle terre produttive e l'espulsione degli agricoltori dalle terre fertili e finanche dai territori rurali (fenomeno di urbanizzazione forzata).
Si realizza così contemporanemente la distruzione dei sistemi agricoli tradizionali (agricoltura di sussistenza) e la loro sostituzione con quelli di tipo estensivo e neo-latifondista, spesso bio-tech (ogm), sistemi sdoganati a livello locale nazionale dalle istituzioni scientifiche asservite e prezzolate dalle ditte multinazionali del settore. A queste inoltre, sempre in cambio della loro disponibilità a produrre investimenti in loco, viene consegnato in maniera assoluta il controllo del sistema dei prezzi al ritiro e la gestione dei costi dei mezzi di produzione, per cui il più delle volte i contadini si ritrovano a essere gravemente indebitati con i fornitori delle materie prime piuttosto che a percepire un reddito capace di sostenere le proprie famiglie.
Ma se è vero che questi fenomeni ci sono tutto sommato abbastanza noti, la novità del contributo di Kannayan e quindi del Movimento Antiglobalizzazione Indiano sta nel fatto aver denunciato che questo tipo di processo di distruzione dei sistemi e mercati agricoli locali, praticato con l'azzeramento dei prezzi al produttore e l'aumento vertiginoso invece delle materie prime necessarie alla produzioni (sementi, fertilizzanti, affitti dei terreni quando non direttamente l'esproprio delle terre ai contadini), realizza nei paesi del terzo e quarto mondo il medesimo processo di dismissione della attività agricola e fuga dalle campagne, e con questo la sostituzione dei fabbisogni alimentari “locali” con produzioni di importazione transnazionale sulle quali applicare fortissimi operazioni speculative.
La rinuncia alle politiche autonome sostenibili di Sviluppo nel settore agroalimentare (Sovranità Alimentare, sopra a tutte), permette lo smantellamento deliberato dei settori alimentari locali di prima necessità (cereali, latte, olio) e la loro sostituzione con prodotti di importazione da paesi terzi (poveri o ricchi) dove il costo risulta ancora più basso (vuoi per produzioni eccedentarie dovute alla coltivazione super-estensiva della monocoltura): questo può spiegare meglio le parole di Kannayan in meritoalla crisi Indiana del grano indiano in favore di quello Australiano o del riso delle Filippine, o quella del latte Indiano in favore del latte in polvere eccedentario europeo e nord- americano, o la crisi delle produzioni dell'olio di cartamo indiano in favore dell'olio di palma, di produzione Indonesiana, di pessimo valore alimentare, o ancora la crisi della coltivazione della canna da zucchero indiana in favore delle importazioni dal Brasile.
Si vede così che lo stesso meccanismo di imposizione forzata di un regime di crisi a differenti realtà produttive, sia di agricoltura industriale che di agricoltura di sussistenza, favorendo la dismissione della attività agricola e la fuoriuscita delle popolazioni dai territori rurali, è in grado di produrre enormi profitti alle ditte transnazionali e ai loro agenti locali (governi, istituzioni scientifiche, istituti finanziari, apparati repressivi).
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